Birmania, breve racconto da un villaggio.
C’è un tipo di ricchezza, quello fatto da automobili, case, televisioni, macchine e vestiti.
E un altro tipo di ricchezza, quello fatto dai sorrisi della tua famiglia, dal sole che sorge al mattino, dal profumo della cena sul fuoco e dalle vibrazioni della vita che ti circonda.
Il mondo concreto e quello delle sensazioni, entrambi, a loro modo, necessari.
Sono concetti abbastanza semplici ma mai come in un villaggio tra i monti della Birmania, mi era capitato di capire così chiaramente cosa questo significhi.
L’acqua corrente che arriva poche volte a settimana, la luce fioca ricavata dai pannelli solari fuori dalle porte delle case, i rumori delle mucche che dormono nei cortili, il buio pesto nelle strade e il cielo così pieno di stelle da lasciarti senza respiro.
Siamo in un villaggio a metà strada tra Kalaw e il Lago Inle.
Dopo un giorno di trekking è qui che ci fermiamo per passare la notte, ospitati da una famiglia del posto.
La casa è a due piani, grande, spaziosa e pulita.
Ma la cosa che colpisce appena apri la porta di casa e ti ritrovi nel soggiorno è che …è vuoto.
A parte il pavimento, un filo dove sono appesi alcuni vestiti e un mini tavolino probabilmente messo a posta per l’occasione, non c’è praticamente niente.
Niente tv, niente divano, niente cuscini, niente sedie, niente tappeti, niente orologi alle pareti.
Il soggiorno è una grande stanza vuota.
In cucina ci sono già diverse persone che stanno mangiando sedute per terra, e anche qua, niente sedie, tavoli o frigoriferi.
Solo il necessario, qualche piatto e alcune padelle e pentole per cucinare.
Salendo le scale di legno c’è un’altra grande stanza vuota, a terra due piccoli materassi avvolti da una rete per tenere lontano le zanzare e gli insetti durante la notte.
Il bagno è in un box di metallo in giardino, dentro ci sono i ragni e a fianco un toro legato alla staccionata.
Mancano tante cose, ma allo stesso tempo c’è la sensazione di un’altra ricchezza, una ricchezza fatta di cose semplici e pienezza di vita.
Siamo lontani dalle cose a portata di mano, dal valore dell’apparenza e dai facili appagamenti a breve termine della vita quotidiana a cui siamo abituati.
Le persone hanno poco ma non sono povere.
Una casa dove vivere, cibo (e pure buono) in abbondanza, amici e parenti che vivono nella porta accanto e un fortissimo senso della comunità.
Qua non esiste la polizia, c’è il capo del villaggio come figura di riferimento.
Quando una coppia si sposa, (solitamente lei va a vivere nel villaggio di lui), i due sposi novelli ricevono in omaggio una casa dove andare a vivere costruita dagli abitanti del villaggio.
Ovviamente non è il paradiso, c’è il rovescio della medaglia, ma sapere che è possibile avere opportunità e stili di vita così differenti e nonostante tutto vivere serenamente, non so a te, ma a me scalda il cuore.